La disinfezione delle aree esterne è davvero efficace ai fini del contenimento del COVID-19?

Le foto delle aree più colpite dal coronavirus SARS-CoV-2 raccontano di interventi di disinfezione spaziali eseguiti nei centri abitati: camion che nebulizzano lungo le strade e una falange di operatori sanitari che indossano pompe spalleggiabili che annebbiano marciapiedi, parchi e piazze; prima in Cina ed in Corea del Sud, adesso in Italia (ma non solo). Innumerevoli consigli ci ammoniscono di lavarci le mani e disinfettare le superfici spesso toccate nelle nostre case. Contestualmente, sanificare adottando il protocollo descritto nel precedente articolo. Ma qual è il modo più efficace per prevenire l’esposizione al virus?
Come altri coronavirus, si ritiene che la sindrome respiratoria acuta grave da SARS-CoV-2, che causa COVID-19, si diffonda più comunemente attraverso goccioline respiratorie invisibili inviate nell’aria quando una persona infetta tossisce o starnutisce. Queste goccioline possono quindi essere inalate da persone vicine o atterrare su superfici che altri toccano, che possono quindi contrarre la malattia quando si toccano gli occhi, il naso o la bocca.
“La buona notizia delle indagini sulla diffusione del coronavirus”, afferma Juan Leon, uno scienziato per la salute ambientale della Emory University, “è che studi precedenti mostrano che disinfettanti domestici comuni, incluso il sapone o una soluzione di candeggina diluita, possono disattivare i coronavirus sulle superfici interne. I coronavirus sono virus avvolti con uno strato di grasso protettivo”, afferma Leon. “I disinfettanti fanno a pezzi lo strato di grasso, il che rende i coronavirus abbastanza deboli rispetto ai norovirus e ad altri virus comuni che hanno un guscio proteico più robusto.”
Quindi, per quanto tempo SARS-CoV-2 rimane in aria o sulle superfici? Dipende.
Secondo una prestampa pubblicata su medRxiv, il virus persiste nell’aria per un massimo di 3 ore o fino a 3 giorni sulle superfici quali acciaio o plastica. Di contro, nella ricerca pubblicata sul Journal of Hospital Infection, i ricercatori hanno scoperto che un coronavirus correlato che causa la SARS può persistere fino a 9 giorni sulle superfici non porose come acciaio inossidabile o plastica. E secondo i rapporti tra cui uno pubblicato ieri su JAMA, SARS-CoV-2 è stato rilevato nelle feci, suggerendo che il virus potrebbe essere diffuso da persone che non si lavano le mani correttamente dopo aver usato il bagno. Infine, il Centro Statunitense per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie afferma che non vi è alcuna indicazione che il virus si possa diffondere attraverso l’acqua potabile, le piscine o le vasche idromassaggio.
Quindi, che dire riguardo agli ambienti esterni? Secondo una varietà di notizie locali da città come Shanghai e Gwangju, in Corea del Sud, il disinfettante più comunemente usato all’aperto è una soluzione diluita di ipoclorito di sodio o candeggina per uso domestico. Ma non è chiaro se la candeggina distrugga i coronavirus all’esterno, sulle superfici e nell’aria. La candeggina stessa si rompe sotto la luce ultravioletta (UV). Inoltre, la luce UV sembra distruggere anche i coronavirus stessi. E l’esposizione al coronavirus dalle superfici esterne potrebbe già essere limitata; d’altronde, nessuno va in giro a leccare marciapiedi o alberi.
Nondimeno, l’utilizzo di disinfettanti ad ampio spettro in ampi spazi potrebbe causare un’enorme quantità di svantaggi. Alcune sostanze (vedi la candeggina) risultano altamente irritanti per le mucose; ciò significa che le persone esposte a disinfettanti nebulizzati, si espongono ad un elevato rischio di contrarre problemi respiratori, tra gli altri disturbi. C’è uno studio, pubblicato nell’ottobre 2019 su JAMA Network Open, nel quale si evidenzia come gli infermieri che regolarmente impiegano disinfettanti per pulire le superfici siano soggetti a maggior rischio di contrarre malattia polmonare ostruttiva cronica. In più, uno studio del 2017 ha collegato l’esposizione ai disinfettanti allo sviluppo dell’asma negli adulti in Germania. Entrambi questi studi hanno riguardato l’esposizione per anni ai disinfettanti.
Tuttavia, il messaggio sembra prendere piede; in una recente trasmissione televisiva della CCTV statale in Cina, Zhang Liubo, un ricercatore del Centro Cinese per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, ha avvertito il pubblico che “Le superfici esterne, come strade, piazze, prati, non devono essere spruzzate ripetutamente con disinfettanti. Spruzzare disinfettanti su una vasta area e ripetutamente può causare inquinamento ambientale e dovrebbe essere evitato. “
A questo, è doveroso aggiungere che l’utilizzo dei prodotti, siano essi disinfettanti ad ampio spretto, insetticidi o quant’altro, è regolamentato dalle indicazioni riportato sulle etichette. L’uso improprio di tali prodotti e il mancato rispetto di queste indicazioni espone le imprese di igiene ambientale ad un rischio sanzionatorio gravissimo di carattere penale e civile.
L’appello che rivolgiamo alle istituzioni è quindi quello di definire al piú presto una dettagliata linea guida relativa all’esecuzione di questi interventi, e di fornire altresí una solida documentazione scientifica che attesti le evidenze di efficacia in osservanza al rispetto della salute pubblica.
Quindi, attualmente, qual è la strada migliore da percorrere? Dato che il contatto da persona a persona appare la via di trasmissione più probabile per COVID-19, ci dovremmo concentrare su come minimizzare quel contatto. In aggunta, rispettare le raccomandazioni igieniche e comportamentali degli ultimi decreti: restare a casa, rispettare la distanza di sicurezza di un metro se costretti ad uscire, assicurarsi di coprire la bocca con il gomito in caso di tosse e starnuti, lavarsi le mani regolarmente per almeno 20 secondi.
Sembra semplice, lo è, funziona.
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